
Titane
La Palma d'Oro di Cannes, manifesto della contemporaneità fluida e del cinema del futuro.
da giovedì 30 settembre 2021Descrizione
TITANE di Julia Ducournau (Francia / Belgio 2021, 108’) vm 18
Alexia adora le automobili, sin da quando, bambina, un incidente le ha donato una placca di titanio nella testa. Facendola rinascere, gonfia di rabbia e amore represso che la trasformeranno in un essere ibrido e nuovo. Perché la metamorfosi si completi, dovrà scoprire la forza potente che muove le cose del mondo: l’essere umani. Titane è un vero manifesto della nostra contemporaneità fluida e del cinema del presente, materia pulsante densa di risonanze. Un film unico, provocatorio, innovativo, che attraversa l’immaginario techno-rock-pop new pangender e ha stupito e trionfato al 74. Festival di Cannes vincendo la Palma d’oro.
La visione è vietata ai minori di 18 anni e può provocare disagio nelle persone più sensibili.
Per approfondire il film vi suggeriamo le due seguenti recensioni.
La videorecensione da Cannes di Francesco Crispino, inviato a Cannes per le Sale della Comunità: www.saledellacomunita.it/titane-julia-ducournau
Natalia Aspesi, in La Repubblica 20 luglio 2021:
Sono quasi sicura, diciamo al 98%, che correrò come un fulmine a vedere, quando arriverà nelle nostre sale, il film Palma d’Oro del 74° festival di Cannes, non tanto per masochismo, quanto per cercare di capire il putiferio attorno a un film giudicato dalla critica sia orribile che grandioso, sia ridicolo che epocale, essendo, pare, la prima cineopera ad affrontare la contemporanea confusione gender, il primo cinemanifesto che più inclusivo di così è difficile immaginare. Chi ama il cinema segue appassionatamente anche da lontano queste vagonate di opere rinchiuse nei giorni dei Festival, che dovrebbero rappresentare il meglio, il nuovo, il sorprendente, lo sconvolgente, l’indimenticabile, il patriottico, dello schermo (e ormai anche dello streaming).
Ci si accosta ai film senza vederli, immaginandoli da casa, attraverso critiche, interviste ed eleganze, persino scandali, quando ci sono. E può darsi che questa volta si ritenga se non scandalosa almeno problematica proprio la Palma d’Oro consegnata a Julia Ducournau per il suo film Titane. Ormai non c’è manifestazione che non cerchi di essere molto inclusiva per evitare inutili fastidi, E a Cannes 2021, dopo un anno vuoto, per la prima volta un presidente di giuria è nero, o meglio afroamericano, il grande Spike Lee, e se mai si potrebbe dire “Potevate pensarci prima, presuntuosi bianchi razzisti!”. Cinque donne in giuria su nove, quattro i film diretti da donne, pochi su venti, ma sempre meglio delle tante volte in cui non ce ne era nessuno. Visto che siamo nell’anno o nel decennio o nel secolo in cui se non sei donna conti poco, era scontato che doveva vincere una signora. Ma perché proprio Julia Ducournau, francese (Titane) e non Mia Hansen-Løve, francese (Bergman Island, in inglese), e non Catherine Corsini, francese (La fracture) e non Ildiko Enyedi, ungherese (The story of my life)? Il nostro critico Emiliano Morreale giudica il film premiato “di gran lunga il peggiore”, il francese Le Monde “la conferma dell’immenso talento della regista”’, l’inglese Guardian è lapidario: “pura stupidaggine e gigantesca insensatezza”. L’americano Hollywood Reporter parla di una nuova French Punk Queer Wave, che esplora “intimità e indipendenza, sesso e relazioni del nuovo millennio”. Sui siti, mi dicono, guerra per bande tra capolavoro e porcheria, con qualche vade retro Satana da parte dei vegetariani, perché il precedente e primo film della coraggiosa regista, Raw, Una cruda verità (2016), raccontava di una ragazza vegetariana che si metteva a divorare gli umani.
Dalle mie letture tento di raccontare il film come l’ho capito io, per preparare chi è interessato a partecipare ai prossimi scontri. C’è una bimba che dopo un incidente di macchina causato dal babbo menefreghista ha un pezzo di titanio in testa il che la predispone ad appassionarsi al metallo, tanto da diventare in un salone dell’automobile una lap dancer sulle stesse, arrapando dei maschiacci acquirenti.
Tanto Alexia (Agathe Rousselle) rifiuta le leggi del patriarcato, tipo molestia, quanto l’attrae l’auto stessa, da cui si fa sedurre e quindi sbattere, con plurimi sussulti: resta incinta ma sull’incidente altro non so. Allo scopo di sembrare maschio e diventare Adrian, cioè fluttuare nella diversità, e far credere al pompiere Vincent Lindon di essere il figlio scomparso un decennio prima, si spacca appositamente il naso: verrà quindi esplorata la relazione padre e figlio e poi Alexia/Adrian, se ho capito, diventerà anche lei/lui pompiere. Non mi pare che almeno in Italia sia già scesa in campo la folla di chi sta vivendo o si occupa della transizione di gender per giudicare e probabilmente molto amare questa opera bizzarra e comunque nuova: dovranno vedersela non con i Pillon ma tra di loro, perché proprio tra gli interessati c’è chi ritiene Titane una operazione ambigua, non di sostegno ma di sfruttamento dell’impegno attorno al tema dell’identità di genere.